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TIRO al BARATTOLO

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Ricordando Tommaso

3 luglio, festa dell'Apostolo Tommaso. Nella liturgia del giorno abbiamo letto un brano della lettera agli Efesini e, dal Vangelo secondo Giovanni, l'incontro con il Risorto. Ne è nata una riflessione anche alla luce di alcuni fatti di cronaca ed alcune questioni che sto vivendo.


In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito. - Ef 2, 21-22

Ecco perché la Chiesa oggi mi sembra così sgangherata. Paolo ci dice che la costruzione chiesa proprio perché ha Cristo come pietra angolare cresce ben ordinata, così anche gli uomini in quanto credenti siamo edificati insieme per diventare abitazione di Dio. Ho l'impressione, ma la mia visione potrebbe essere distorta, che la chiesa di oggi trovi il suo fondamento sulle regole, le circolari, le indicazioni e quant’altro la burocrazia ecclesiale riesce a produrre più in difesa delle istituzioni e dei privilegi acquisiti, piuttosto che sul Vangelo. Alcuni aspetti marginali sono diventati fondamentali ed alcune tradizioni, per altro non molto antiche, sono state dichiarate "corban" (Mc7,11), dunque assolute ed intoccabili. Gli uomini, in quanto persone, con i propri bisogni ed aspirazioni quasi non contano più.
O meglio contano quando possono essere oggetto di progetti, programmi, iniziative e dunque utili al prestigio o all'economia istituzionale. Di esempi se ne possono fare molti, dalle organizzazioni di carità al sistema scolastico.
La correttezza formale non esime da interventi e prevaricazioni, dalla telefonata o dal biglietto all’amico, da favori e favoritismi. Le cronache di questi tempi, alla ricerca più dello scandalo che della verità, ci hanno mostrato una gestione della chiesa fatta di intrighi e sotterfugi. Se fosse vero anche un quarto sarebbe già troppo.


Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». - Gv 20, 26-28

Gesù chiede a Tommaso di mettere il suo dito nelle piaghe, segno del suo amore incredibile e del peccato dell'uomo che le ha inflitte.

Mi è sembrato incorretto che la liturgia, nell'antifona alla Comunione, parafrasando il vangelo dica: "le cicatrici dei chiodi", quasi che la ferita sia riparata e l'amore del Signore non sgorghi più dalle sue ferite o che il peccato dell'uomo non sia più così tagliente.
Eppure c'è ancora bisogno di mantenere questo doppio contatto con il nostro peccato sempre presente e con l'amore del Signore che è infinito. Ma amare è difficile e a volte dicendo di amare si afferma il contrario.
Mi ha colpito una frase che il Pontefice, con tutte le buone intenzioni, parlando a Milano alle coppie in difficoltà ha detto. "La Chiesa vi ama": ma quelle coppie non sono anch'esse Chiesa? Non era certo intenzione sua mettere quelle coppie fuori dalla chiesa ed oggetto passivo d'amore, ma il linguaggio usato era perlomeno dubbio.
Certamente non era intenzione del Vescovo Gemma offendere i Down, ma il suo linguaggio ha mostrato una carenza di attenzione e rispetto.

Di faccende meno pubbliche non voglio parlare ma
troppo spesso la correttezza formale non riesce a nascondere una carenza di amore evangelico che arriva fino all'assurdo di amare i propri nemici, come le piaghe di Cristo ci raccontano.

Ho l'impressione, e lo sto dicendo troppo spesso, che molti nella chiesa non sanno e non vogliono sapere, non conoscono e non vogliono conoscere, non amano e non vogliono amare, ma parlano e decidono.
Compreso il sottoscritto.